Una cronaca di fiume

All'età di 14 mesi ho imparato che, dove sono nato, insieme al palio di agosto finisce l'estate, finisce l'anno, finisce un (o a volte IL) tempo.
Da allora, il giorno dopo, cerco di compiere azioni che esorcizzino questo senso di evaporazione percettiva; che mi chiariscano che esiste un futuro.
A 2 anni forse tentai uno scatto che si risolse con una sbucciatura, a 7 forse scappai fino al paese vicino, invece tre giorni fa ho deciso di cercare le sorgenti del mio terzo torrente preferito, dove non c'è mai nessuno, e di discenderlo a piedi.

Faceva caldissimo.
Per due chilometri il sentiero era buono, poi veniva inghiottito dal bosco.
Ho proseguito facendo spazio col bastone tra rose canine, strappaborse, rovi punteggiati di more giganti.
Ho superato rugginosi pannelli su fauna e flora piantati anni fa da un podere molto ottimista su futuri anelli-natura, e graziose panchine in ferro battuto sommerse dalla boscaglia.

Ho raggiunto un piccolo affluente in secca, e ho camminato sul suo letto.
Faceva più fresco, come se l'acqua avesse lasciato un'impronta.
Decine di piante diverse sui bordi di questa ipotesi di torrente, alcuni tronchi morti distesi in mezzo, altri rami vivi piegati verso il piccolo alveo, come a prenotarsi per l'acqua che verrà.
Ho raggiunto il letto del torrente principale: era secco.
Per non permettere all'estate e al tempo di sbiadire veramente, ho camminato per chilometri, ho guidato per altri chilometri verso il mio secondo torrente preferito, dove c'è sempre gente: che fosse secco anche quello?

Faceva caldissimo.
Ho raggiunto il ponte principale: il fiume era pieno d'acqua.
Vicino al ponte c'era uno spazio largo, e due famiglie avevano parcheggiato le loro grosse macchine sulla spiaggetta, a un metro dall'acqua. Avevano sistemato sedie e tavoli nell'acqua, e stavano lì, seduti come in cucina.
Giusto: la comodità prima di tutto.


Sono entrato nel fiume e ho cominciato a camminare dentro l'acqua, nel verso della corrente.
Le gambe hanno esultato, la testa si è raffreddata, anche l'anno ha fatto un passo all'indietro.
Il tratto di fiume era giovane, acqua veloce, saltellante, ogni poco un'ansa, un tombolo o una serie di rapide.
Ho trovato un'isoletta di sabbia fina: le raganelle sono saltate in acqua come una sassaiola.
Ogni fiume, a percorrerlo da dentro, è come il Mekong di Apocalypse Now: la foresta fa ombra, ogni pianta è diversa, ogni metro un'apparizione, ogni curva un accampamento.
Ho trovato una spiaggia: la occupava una ragazza coi capelli rosa e tre rottweiler senza guinzaglio che non vedevano l'ora di nuotare con me.
"No ma sono buoni".
Bene: la bontà prima di tutto.
Ho trovato uno scheletro di granchio di fiume grande come una mano, ma sono scivolato e il fiume se l'è ripreso.
Ho trovato un'altra spiaggia: la occupavano due ragazze sorridenti e un cane identico a quello che in Alice nel Paese delle Meraviglie spazzola qua e là cancellando il mondo.

Appena il mio corpo accennava minimamente ad asciugarsi, mi buttavo sott'acqua.
Camminare nell'acqua non è difficile, si impara dove il fiume sedimenta e lì si va più veloce, oppure si sceglie la profondità e si nuota, o l'acqua alle cosce per sentire l'attrito.

Ho saputo che i signori che hanno ucciso Aldrovandi sono tornati in servizio.
Ottimo: il merito prima di tutto.
Io pensa, ho detto a bassa voce al mio secondo torrente preferito, quando leggo "carabinieri forestali" mi viene male.
Che poi ci viene di dire Aldovrandi, vero? Eh no, dico a quest'acqua pulita che mi porta avanti, si dice Banksy, non BanSKY, Ancelotti, non AnceLLotti, Aldrovandi, non AldoVRandi.

Poco male, vero? L'estate non finisce, il tempo nemmeno.
Ho trovato una terza spiaggia: la occupava una famiglia che sembrava uscita dai Sopranos. I figli piccoli giocavano a bocce in acqua, ma con dei macigni.
Alle pozze grandi, invece, non c'era nessuno.

Ho fatto un po' di tuffi.
Dalle rocce pendevano ciuffi verdissimi di capelvenere.
Ho rifatto all'indietro su sentiero la strada fino al ponte.
È cominciato a piovere forte.
Le macchine, a bordo fiume, erano più numerose di prima, ma le famiglie sbaraccavano i tavolini, lanciavano sedie pieghevoli nei bauli aperti come forni (bravi: lo spazio prima di tutto), incespicavano sui sassi bagnati, maledicevano il fiume e l'acqua in generale, come per paura che stesse portando via l'estate e il tempo

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